Nel bambino l’esperienza della paura si lega all’esperienza della relazione di aiuto che gli adulti gli permettono di sperimentare. Il bambino sperimenta quindi insieme la paura e la possibilità di controllarla. Da questa esperienza impara ad elaborare le strategie di fuga o di controllo a cui lega la possibilità di recuperare il dominio della situazione.
La paura non è mai soltanto paura di qualcosa ma è anche la paura di essere solo davanti a qualcosa di terribile. Imparare a non avere paura è diventata condizione metafora della possibilità di essere considerato maturo e autonomo. In genere non essere piu’ bambino significa soprattutto aver coraggio e poter controllare la propria paura. Cosi il bambino impara piu’ a nascondere la propria paura che ad affrontarla e a risolverla. La paura di essere giudicato, di essere preso in giro crea una sorta di capsula in cui restano latenti molte altre paure che spuntano fuori nei momenti piu’ impensati. Il bambino ricerca quindi la protezione dell’adulto di riferimento cioè di colui che si prende cura dei suoi bisogni .
Naturalmente l’espressione di questi sentimenti viene modulata attraverso il pianto, attraverso quelli che noi usiamo chiamare i capricci. Questi del resto sono gli unici strumenti che i bambini hanno a disposizione. Soprattutto quando non hanno ancora sviluppato una buona capacita di espressione linguistica.
La questione quindi che si pone è quella di dotare i bambini di strumenti adatti affinché loro possono esprimere le loro emozioni piu’ profonde anche quando queste sono inconsce e del tutto sconosciute. Le alternative che si possono proporre in questo senso possono essere molteplici dai giochi, momenti di dialogo, creatività, lettura delle favole ecc.
Si sa bene che per esorcizzare ansie e paure ai bambini piace simulare situazioni molto paurose lasciarsi turbare da esse ma per poi uscirne. Il momento della favola o della fiaba puo’ essere molto importante perché una favola puo’ essere raccontata e puo’ essere costruita con l’aiuto del bambino. Durante l’infanzia il momento in cui un genitore racconta la favola al proprio figlio è molto importante e sarà necessario alla sua fase di crescita. E’ uno spazio prezioso che deve essere gestito dal genitore con cura e naturalezza. Il momento delle storie raccontate e ascoltate dalla mamma e dal papà, magari accoccolati tra le loro braccia, prende un significato emotivo molto più grande del gesto in sé. È unico nel suo genere. Il tempo del racconto prima di andare a ninna è molto importante per la relazione tra genitori e figli. Il tempo che un genitore dedica al proprio figlio parla di generosità, istruisce circa il piacere del dare e del ricevere. È un tempo che manifesta affetto e pazienza. È un tempo ricco di presenza, in cui il solo “stare” è già di per sé un momento che dona sicurezza al bambino, lo aiuta nella crescita delle sue capacità emotive e cognitive. Questo spazio può essere riempito di domande, racconti su come è andata la propria giornata, riflessioni, fantasie e immagini. È uno spazio fecondo in cui possono crescere la fiducia verso se stessi, la capacità di superare piccole paure, insicurezze e conflitti.
Katia Biundo
Katia Biundo, pedagogista, collabora come esperto dei servizi educativi rivolti alla prima infanzia con l’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ed è referente della Polispecialistica Lariana di Como.
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